Il taglio del bosco, un po' di base per avere le idee chiare

Oggi voglio provare a fare chiarezza su un argomento molto importante in ambito forestale e che nell'opinione pubblica scatena idee molto contrastanti: il taglio di un bosco.

Si tratta di un argomento molto complesso, e certamente un articolo di un blog non è in grado di essere esaustivo ma mi piacerebbe condividere con voi alcune caratteristiche e problemi basilari che chi lavora nel settore devono spesso affrontare.

L’uomo ha tagliato e taglia i boschi per soddisfare diversi bisogni: tagliamo per avere legname con cui costruire case e mobili oppure come fonte di riscaldamento ed energia, tagliamo gli alberi per ottenere carta di ogni genere e forma, tagliamo per avere più spazio per l’agricoltura o per infrastrutture come strade, ferrovie ma anche per scopi turistici come piste ciclabili o sentieri.

È fondamentale comprendere la differenza tra un taglio e un disboscamento distruttivo, mentre solitamente i due fenomeni sono accomunati, anzi è tutto ridotto a uno scempio contro la natura.

Invece esiste una grossa differenza e il suo nome è gestione. Sarebbe sempre corretto chiedersi e mettere le persone in condizione di chiedere “Come si gestisce questa foresta?” e “Questa gestione sta ottenendo le funzioni del bosco di cui abbiamo bisogno?”

Un bosco gestito normalmente viene tagliato dopo un periodo chiamato Turno, misurato in anni. Il turno cambia secondo le specie arboree presenti in bosco, il tipo di gestione o meglio dire Governo cui è sottoposto, sviluppando alberi e fusti (Fustaia) oppure ceppaie e polloni (Ceduo) e la tipologia di prodotto che vogliamo e possiamo ottenere da quel bosco (Legname da opera, legna da ardere).

Tuttavia in bosco non si taglia solo per produrre legname, o funzione produttiva, ma anche in altri casi. Se ci pensate i vari sentieri di montagna, le piste ciclabili, le vie nei pressi dei fiumi quando sono abbandonate in pochi anni vengono riprese dalla foresta. Se si vuole mantenere una funzione turistica queste vie vanno tenute pulite e periodicamente gli alberi vicini vanno tagliati, anche per evitare rischi per la sicurezza delle persone, per esempio la caduta di un albero morto su un sentiero.

Non tutti possono ricordarlo ma le foreste italiane, soprattutto quelle dell’Appennino sono sempre state tagliate e gestite dall'uomo, in luoghi e in modo che oggi hanno dell’incredibile (cercate una foto dei Monti Sibillini negli anni 50 e in molti casi non troverete che praterie senza alberi). Questo continuo uso del bosco ha reso l’uomo, una parte attiva nello sviluppo di ambienti ed ecosistemi che oggi reputiamo prioritari a livello comunitario, come ad esempio le praterie di montagna ricchissime di fiori rari. Per questo anche in aree protette o se ci sono scopi naturalistici o conservativi è necessario mantenere e gestire dei tagli, magari per dare più spazio ad alberi rari e in via di estinzione come l’Abete Bianco o il Tasso, arricchendo così la biodiversità.

Un bosco abbandonato a se stesso invece può evolversi favorendo solo alcune specie dominanti, riprende spazio invadendo pascoli e praterie, è imprevedibile come può reagire a eventi come incendi, frane o valanghe. Rimane un bosco ma noi abbiamo perso quelle funzioni naturalistiche che prima avevamo e viene a mancare anche la sicurezza, perché ad esempio se un bosco ha lo scopo di trattenere un versante montuoso, onde evitare pericoli per dei centri urbani a valle io devo avere un piano di gestione e, nei limiti del possibile, sapere se la foresta può assicurare la sua funzione protettiva e diminuire il rischio per le persone.

Quindi si può e si deve tagliare liberamente? Assolutamente no, ci sono normative ben precise che vanno scrupolosamente rispettate e diverse tecniche su come tagliare bene un bosco, in altre parole senza danneggiarlo come ecosistema e come risorsa.

Purtroppo sono numerosi i casi e gli esempi di tagli scorretti e di tagli illegali che causano ingenti danni economici e ambientali, la soluzione rimane quella iniziale: attuare una gestione con professionalità e sostituirla all'abbandono e ai danni.

Non tutti viviamo in aree montane o boschive perciò è normale chiedersi quali scelte possiamo fare per dare stimolo a una gestione corretta e sostenibile. Come consumatori abbiamo la possibilità di acquistare prodotti con certificazione forestale, dei marchi che attestano che quella trave, quel mobile, persino quel quaderno sono il risultato di una filiera forestale corretta.

Infine se davanti a notizie, articoli, post sui social si grida allo scandalo e allo scempio io consiglio di coltivare l’arte del dubbio e chiedere a figure come i dottori forestali, che possiedono le competenze e le basi scientifiche per confermarvi se quell'eventuale taglio è illegale e scorretto oppure se si sta facendo molto rumore per nulla.

 La conoscenza è un bene che va condiviso e le nostre porte sono sempre aperte, soprattutto in ambito forestale, perché un settore che può portare sviluppo, lavoro e conservare il patrimonio ambientale ma solamente se riesce a creare un rapporto di fiducia con la società. 

Nella Gallery potete visualizzare immagini di un taglio boschivo, e come nel tempo la vegetazione recupera il suo spazio, a cartoline storiche dei Sibillini in cui la superficie forestale era assai ridotta rispetto a oggi e alcuni dei marchi di certificazione più utilizzati oggi. 

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PIERGIORGIO CIARLANTINI

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